Relatività ristretta e generale (In particolare:(l'osservazione dai diversi sistemi di riferimento e i concetti di spazio e tempo)

Dall'elaborazione della terza e quarta equazione di Maxwell (indicanti la circuitazione del campo elettrico e magnetico in funzione della variazione dei rispettivi flussi, magnetico ed elettrico), Heinrich Rudolf Hertz dimostrò che la luce era una radiazione elettromagnetica e la sua velocità di propagazione era pari a circa 300.000 Km/sec. Giungendo alla espressione

(c, velocità della luce, xo costante dielettrica del vuoto e mo costante di permeabilità magnetica), egli teorizzò che la luce era un'onda trasversale e che la sua velocità, derivando da due costanti universali, a sua volta era una costante universale. La fisica classica entrò in crisi in quanto la legge di composizione galileiana della velocità permetteva di superare il valore di c.

Questa contraddizione era resa evidente anche dall'osservazione astronomica nel caso di sistemi di stelle doppie. Secondo la teoria convenzionale, sarebbe stato possibile osservare una stella che ruotava attorno ad un' altra contemporaneamente in due diverse posizioni, ma ciò, in pratica, non si verificava. La meccanica classica prevedeva che sarebbe stato possibile accelerare all'infinito una massa, ma tramite alcuni esperimenti, si riscontrò che, anche nel caso di particelle molto piccole (come gli elettroni o le particelle subatomiche), si riusciva a giungere a valori prossimi a quello della velocità della luce nel vuoto, senza mai superarlo, né tantomeno uguagliarlo.

Tutte queste esperienze portarono a pensare c come un limite massimo delle velocità raggiungibili nell'universo, e da ciò, nacque la necessità di adeguare a questa intuizione, tutto l'impianto teorico classico, introducendo una nuova teoria.

La relatività galileiana stabiliva che nei sistemi inerziali (sistemi in cui era valido il principio di inerzia e che si muovevano di moto rettilineo unifirme), le leggi della meccanica fossero le stesse. Nell'ambito della relatività ristretta, questo principio venne esteso a tutte le leggi fisiche (sempre facendo riferimento a sistemi inerziali).

La relatività ristretta dunque si fondava su due postulati:

  1. La velocità della luce nel vuoto è c, ed è una costante indipendente dal moto dell'osservatore e della sorgente.
  2. Le leggi della fisica sono le stesse per tutti gli osservatori inerziali.

La meccanica classica non venne abbandonata, ma divenne una semplificazione, un "caso particolare" della meccanica relativistica.

Non essendo più esaurienti le trasformazioni galileiane, si cercò di integrarle tramite l'utilizzo di un nuovo parametro "variabile", il tempo, introdotto nelle trasformazioni di Lorentz-Fitzgerald.

Attraverso un ragionamento abbastanza semplice (l'analisi della riflessione di un raggio luminoso in un sistema in movimento, tramite un'osservazione solidale al sistema ed una "esterna"), si riscontrò che la simultaneità, (o sincronia) di un evento, osservato da diversi sistemi di riferimento inerziali, non risultava qualcosa di assoluto, ma relativo.

In particolare, nel caso della riflessione perpendicolare alla direzione del moto di un raggio luminoso, si notava che l'osservatore "esterno" misurava un tempo diverso da quello calcolato dall'osservatore solidale (pari a Dt'=cD t dove Dt' è il tempo "dilatato"dell'osservatore "esterno",Dt è il tempo proprio dell'osservatore solidale, v la velocità del sistema, c la velocità della luce nel vuoto).

Il tempo, per la prima volta nella storia, veniva considerato una grandezza relativa (e non più assoluta). Un discorso analogo può essere fatto per lo spazio, in quanto le distanze misurate dai due osservatori risultano altrettanto differenti ( in particolare la misurazione dell'osservatore "non solidale" risultava "contratta" secondo la formula DX'=DX/c dove DX' e' la misurazione dell'osservatore "esterno" e DX quella dell'operatore solidale).

Questa ipotesi della contrazione spaziale e della dilatazione temporale, fu convalidata dall'esperienza sui muoni. Queste particelle, viaggiano a velocità prossima a quella della luce (0,9995c) e si generano a 15 Km d'altezza, dall'interazione dei raggi cosmici con l'atmosfera. Avendo una vita breve (pari a 1,5ms), secondo la teoria classica, essi non sarebbero potuti giungere sulla superficie terrestre, ma ciò non si verifica, dato che sono stati rilevati muoni nei laboratori del nostro pianeta.

Questo fenomeno è spiegabile grazie alla teoria della relativita ristretta, infatti, per un osservatore terrestre, il periodo di vita media del muone risulta "dilatato" (pari a 47ms), mentre per un osservatore solidale con il muone, la distanza risulta "contratta" (di circa 30 volte).

Le trasformazioni di Lorentz-Fitzgerald, tenevano conto della relatività dello spazio e del tempo (attraverso l'introduzione del parametro c) ed attraverso di esse, fu possibile lo studio dettagliato dei fenomeni fisici. Nell'ambito di queste trasformazioni fu possibile individuare delle "invarianti" ovvero dei rapporti che non cambiavano al variare della misurazione di tutti gli altri parametri spazio-remporali nei diversi sistemi inerziali.

Quest invarianti sono:

  1. Il rapporto (cDt )2 = (cD t')2-(D x')2 che corrisponde alla distanza tra due punti nel grafico dello Spazio-tempo.
  2. Le equazioni di Maxwell (in quanto un fenomeno elettromagnetico si presenta uguale a se stesso nei vari sistemi di riferimento inerziale.
  3. Il principio di causalità (che stabilisce che due eventi si trovano in rapporto causale solo quando hanno la stessa posizione nello spazio ma si verificano in due istanti diversi.
  4. m2c4= m2c4(D t/Dt )2-c2p2 dove m è la massa e p la quantità di moto, essendo m2c4 una costante, in questa definizione relativistica di energia, questo rapporto risulta una invariante.

Un punto di partenza che permise ad Einstein di sviluppare la teoria della relatività generale fu la formulazione del principio di uguaglianza fra massa inerziale e massa gravitazionale. Entrambe le grandezze fanno riferimento a proprietà specifiche, la prima alla tendenza che un corpo manifesta "a non modificare" il suo stato di quiete o di moto, la seconda a quella proprietà che consiste nella attrazione reciproca fra due corpi (inversamente proporzionale al quadrato delle distanze e direttamante proporzionale al prodotto delle loro masse).

Di questo risultato Einstein si servì per estendere il principio della relatività ristretta a tutti i sistemi di riferimento, tramite il postulato:

-Tutte le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento.

Grazie al principio di uguaglianza si arrivò al principio di equivalenza, che stabiliva la possibilità, applicando una accelerazione opportuna, di riprodurre od annullare gli effetti di un campo gravitazionale.

La relatività ristretta, come era già accaduto per la relatività galileiana, diveniva un "caso particolare" di quella generale. Essendo nota già da tempo l'interdipendenza fra massa ed energia, Einstein arrivò a spiegare le deviazione dei raggi luminosi in presenza di campi gravitazionali molto intensi (come quello generato da una stella).Per non rinnegare il fatto che la velocità della luce è una costante, egli affermò che per descrivere alcune traiettorie luminose, bisognava avvalersi di geometrie non euclidee. La curvatura (definizione matematica ricavata a sua volta da un'altra definizione matematica: la metrica), dello spazio-tempo nei sistemi inerziali e' nulla (determinando uno spazio "piatto"), ma in presenza di sistemi accelerati tale grandezza assumeva un valore ben preciso (determinando uno spazio "curvo").

In quest'ultimo caso, le linee di minore lunghezza che collegano due punti non sono più rette, ma geodetiche. Metrica,curvatura e distanza tra due punti (misurati lungo una geodetica) costituiscono le "invarianti" della relatività generale che, con l'introduzione di queste nuove proprietà delle geometrie non euclidee, rivoluziono' anche alcuni principi della fisica. Il principio di inerzia generalizzato, infatti, stabilisce che i percorsi dei raggi luminosi ed i moti inerziali (in assenza di interazione non gravitazionale) avvengano lungo le geodetiche dello spazio-tempo.

La validità di questa teoria fu confermata da alcune osservazioni astronomiche (come la scoperta della precessione dell'orbita di Mercurio) e portò ad ipotizzare diversi modelli dell'Universo (attraverso l' elaborazione delle equazioni di Einstein).